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Dell’oblìo e della memoria. Discorsi sulla tradizione orale arianese

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Non è semplice raccontare la storia di un luogo e farne capire il lato più sociale, quello più vero e meno aristocratico. In genere, il passato, viene ripercorso attraverso documenti, frutto di un accurato lavoro di storici del tempo, nobili che non sempre avevano una visione completa e vergine di tutto quello cui erano circondati. 

Quindi, avremo dei capolavori, ma non sempre completi. Il Vitale, storico arianese, nella sua “Storia della Regia Città di Ariano”, ci mostra svariati aspetti del nostro luogo, ma dimentica quelli più comuni. Omette di raccontare la storia del popolo. Ecco: racconta il lato regio, descrivendo i monumenti e i tanti uomini illustri di Ariano e non quello quotidiano. Purtroppo la storia ufficiale dimentica sempre la gente semplice, comune che attraverso la sua umile genialità ha reso grande un luogo. Basti pensare ai grandi artisti della maiolica arianese. Bisogna aspettare qualche attento studioso dei giorni nostri per ricordare questo grande passato. Oggi, invece che sui libri, è negli occhi e nei racconti dei nostri nonni che ripercorriamo il passato di questa città. Questa è la tradizione orale. La nostra vera storia. 

La tradizione orale, a differenza di precisi documenti, è lo specchio oculato di una società non sempre presa in considerazione dal mondo intellettuale. Considerata dagli antropologi al pari delle testimonianze scritte, la tradizione orale, nel linguaggio di tutti i giorni, indica una consuetudine di comportamenti o di credenze che si tramanda nel tempo, come quando affermiamo che alcune feste o determinati usi hanno una tradizione secolare. Inoltre descrive il carattere di un popolo, con le proprie sofferenze e le proprie speranze.

Costituita da proverbi, detti, leggende, storie e altro ancora, rappresenta un interessante paradosso per ricostruire la storia di un luogo. Come afferma uno dei più grandi intellettuali del xx secolo, Luis Borges, “La tradizione, che opera dell'oblio e della memoria!"… la tradizione è opera della memoria perché ricorda le cose del passato ma è anche opera dell'oblio, della dimenticanza, perché non tutto si può ricordare, ma bisogna fare una selezione.

Questo è il punto. La tradizione orale è uno strumento efficace per portare attraverso il tempo e lo spazio la nostra storia, la nostra identità. Eppure, in una società in continuo cambiamento come la nostra, in cui il conflitto fra passato e futuro si ripropone quotidianamente, il rischio di un atteggiamento troppo tradizionalistico è quello di diventare passatista o retrivo. Grande rispetto per le nostre tradizioni, ma esse rappresentano il frutto di una storia già trascorsa. Si possono e si devono rievocare, ma non limitarci solo a quello. Esse ci insegnano il nostro essere, e si pongono alla base per crearne altre. Non possiamo fermarci ad esse. Il nostro futuro ha bisogno di nuove tradizioni. Anche noi abbiamo il diritto di tramandare il nostro modo di fare, specchio dell’attuale società. Un po’ come l’arte. Ogni periodo storico ci propone qualcosa, di certo non siamo rimasti rievocando esclusivamente i graffiti preistorici. Ma è una continua invenzione. Così le tradizioni. Tutto questo rientra perfettamente nel discorso della tradizione orale arianese. Solo una precisazione però: ad Ariano avviene l’inverso. Siamo un popolo che ormai ha dimenticato tutto, anche se stesso. Al massimo ci limitiamo in modo ludico a riproporre qualche antica tradizione. Ariano non può solo ricordare. Attraverso il passato deve inventare altro. Dobbiamo creare nuove tradizioni. Dobbiamo lasciare un segno a questo preciso periodo storico. Dal dopo guerra in poi non è successo più nulla. Solo arretratezza culturale e sociale. La cultura è ciò che sappiamo produrre...non quella che sappiano esclusivamente riesumare dal passato. Ovviamente, tutto questo è possibile dopo una forte affermazione delle proprie tradizioni. Ad Ariano bisogna prima scoprirsi e poi reinventarsi. Questa è una delle tante sfide del futuro. Purtroppo non basterà una generazione…

L’occidente attraversa un periodo di cambiamenti culturali e sociali non trascurabili. La paura dell’invasione da parte di culture lontane a noi ci porta a blindare le nostre tradizioni, la nostra cultura. Ma tutto questo è sbagliato. Le nostre tradizioni devono fondersi con altre creandone altre ancora. Noi non siamo altro che il frutto di passate mescolanze culturali. Non bisogna avere paura di nuove forme pur, ovviamente, preservando i contenuti alla base della nostra antica civiltà. 

Quanto detto vi sembrerà lontano dalla nostra realtà, ma non è così. Le tradizioni hanno forme diverse, ma lo spirito che le accompagna attraverso il tempo è simile in tutte le parti del mondo dove si manifestano. In pratica si cerca di testimoniare la nostra presenza. Importante è cogliere il legame che c'è tra l’uomo e il divino, linfa di ogni tradizione in ogni religione. Esse, ancora oggi, dovrebbero rappresentare delle speranze, anche economiche… evitando di riproporre fenomeni hollywoodiani in salsa paesana, fine a se stessi.

Marco Ciano

Parte di un articolo apparso su "Ariano Shopping"

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